Miano contro Scampia. Il ruolo dei media nella crisi Rom



In queste settimane di acuta emergenza (umanitaria) Rom, i media sembrano dare eccessivo rilievo non tanto al distruttivo incendio del campo Rom di fine agosto a Scampia, quanto a movimenti di piazza (anche attizzati) ostili all'insediamento temporaneo di 300 Rom in una tendopoli nella Caserma Boscariello, a Miano. Non offrono insomma una buona immagine.


Si sta parlando di nuclei Rom destinatari del sequestro di aree abitate abusivamente, da parte della Procura della Repubblica di Napoli, ma anche oggetto di sgomberi parziali di queste stesse aree.


Ci siamo resi conto in questi giorni che comuni cittadini di Scampia rimangono perplessi di fronte alle forme di isteria collettiva messe in atto da cittadini, associazioni e istituzioni del quartiere Miano, al di là del muro della caserma Boscariello. Forme già acutamente analizzate in prospettiva culturale dallo scrittore Braucci su questo giornale. Molte persone che incontriamo appaiono incerte nel valutare le manifestazioni di piazza che si oppongono al trasferimento temporaneo di alcune centinaia di Rom, incerte di fronte agli interventi umanitari di sistemazione temporanea dei Rom sgomberati dal Comune e trasferiti in altre strutture di Scampia. Nel mentre si registrano però manifestazioni di solidarietà da parte di singoli, associazioni e parrocchie per le famiglie sistemate nell'Auditorium della Municipalità. 

La costituzione di un Comitato “Abitare Cupa Perillo”, che aggrega con la comunità Rom cittadini, religiosi, associazioni e comitati civici da tutta la città, lavora intanto per interagire ed accompagnare pacificamente e attivamente questo delicato processo di risistemazione della popolazione Rom, insieme al Comune.


Al di là che il compito dei media (registrare ed informare ad ampio raggio su fatti e azioni dei cittadini nei territori) non sempre è “avalutativo” per dirla con Max Weber, per quanto riguarda l’analisi sociologica non si possono ignorare certi messaggi percepiti dai cittadini, i quali non sempre hanno gli strumenti per un giudizio adeguato su fatti e misfatti narrati. 

Nel nostro caso dalle grida e manifestazioni di protesta di alcuni gruppi, anche manovrati con qualche argomentazione, e forse dai titoli strillati sui media, il messaggio che passa è: “Non vogliamo i Rom a Miano nella caserma Boscariello”. Se pure non razzista, è un messaggio escludente verso una popolazione, ben lontano dalla famosa “Strategia nazionale di inclusione di Rom, Sinti e Camminanti 2012-2020”. In parole povere, se alte fiamme per un oscuro intervento doloso bruciano baracche, alberi e rifiuti, si può insinuare nella mente che abbiano quasi una portata punitiva, un lavoro sporco di pulizia per “cacciare” i Rom dal campo. Se le donne di Miano sono scese in strada e ad alta voce si oppongono alla sistemazione temporanea di qualche centinaio di Rom nella Caserma Boscariello destinata a suo tempo ad ospitare la Città dello Sport, si è indotti a pensare che forse hanno ragione, e che i Rom sono brutti sporchi e cattivi se non tutti delinquenti secondo la vulgata diffusa.


Allora, a nostro avviso, il muro della caserma Boscariello separa due quartieri interessati alla presenza e sistemazione dei Rom, e in una certa misura separa mentalità ed atteggiamenti delle rispettive popolazioni nei confronti di una minoranza etnica protetta. Al di là della “distanza civile” che in gran parte ha caratterizzato le relazioni decennali dei cittadini di Scampia con gli abitanti del campo (senza trascurare la manifesta ostilità ai Rom da parte di consiglieri della Municipalità con denunce sistematiche di presunti reati per indurre lo sgombero), bisogna segnalare nel quartiere l’azione tonificante nel tempo di associazioni, centri, comitati, religiosi, con interventi educativi, sociali e culturali che hanno favorito forme di integrazione, se non completa inclusione sociale di alcuni nuclei.

Si deve superare una mentalità localistica, perché anche Scampia e Miano sono un microcosmo non estraneo alle grandi dinamiche nazionali ed europee, di apertura o di chiusura, di accoglienza o di rifiuto, di inclusione od esclusione, nei confronti dello straniero che vive con noi.

Cosa passa nella testa della gente, non solo a Miano, se i messaggi mediatici ed i gesti civici restano incentrati su messaggi quali “sgombero”, “esclusione”, "allontanamento" di famiglie dal giardino dietro casa? Cosa può attecchire senza il riconoscimento di una comune umanità tra "indigeni" e Rom, nati in gran parte nello stesso luogo?

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