San Francesco in viaggio verso l'altro (M.Cacciari)

di Massimo Cacciari


Quale forma assume il viaggio di Francesco? Rispetto ai molteplici aspetti che ha assunto nella storia della nostra civiltà – dalla navigazione socratico-platonica verso la conoscenza di sé e l'idea dell'eterno e immutabile, al progredire della potenza della Tecnica che sempre s'immagina capace di aprirsi la strada; dalla conversione e ritorno al Padre, all'inabissarsi al Regno delle immagini sciolte da ogni contenuto di cui il Faust di Goethe vuole fare esperienza; dal viaggio di avventura, che è puro azzardo, negazione di ogni idea di fine, a numerosi altri che si potrebbero ricordare – è quello del pellegrino che sembra più assomigliarli, e cioè il viaggio di colui che
per ager, oltrepassando ogni città, procede verso il luogo che lo chiama, inizio e meta del suo andare. Per lui il viaggio fa parte integrante della meta, il suo fine è l'esperienza che compie nell'andare. Ma fede nell'inizio e raggiungimento della meta gli sono donati. Per essere questo pellegrino Francesco ama troppo le città e i suoi
demoni. Non conosce mete privilegiate. La stessa Terra Santa è un luogo dove praedicare Verbum, come ovunque e a chiunque. Predicare?
Mostrare piuttosto – e mostrarlo in ogni villaggio che si incontra; ognuno è buono per l'evento, come a Greccio. Nostalgia come dolore dell'andare, nostalgia de loinh, dal sapore anche cavalleresco- provenzale, nostalgia irrefrenabile di andare ovunque esista la possibilità di ascolto, dove vivano creature capaci di cum- laudare, di lodare con lui, insieme, donne, uomini, uccelli e fiori.
Andare per il mondo, andarci nudi, senza resistere al male, donando e per-donando – ecco l'unico imperativo – e andarci a piedi, così da predicare e parlare anche alla Madre più antica...

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