Esorcismi



di Domenico Pizzuti sj

Spaventose le vicende di don Michele Barone, che sarebbe autore di esorcismi non autorizzati dall’autorità ecclesiastica (il vescovo di Aversa) in una chiesa di Casal Pesenna nota come “Il Tempio”, in particolare su una fragile tredicenne, in un clima torbido se non settario intorno a lui. Barone ha ricevuto una sospensione canonica dell’attività sacerdotale due giorni prima di essere arrestato, insieme ai genitori della tredicenne e ad un poliziotto, ed è accusato di violenza sessuale, maltrattamenti e lesioni, e difeso guarda caso da un noto penalista come l’avvocato Taormina. 

Si aggiunge a questo un dossier circostanziato riguardante una presunta rete di preti gay (una quarantina da varie diocesi italiane), recapitato alla cancelleria della Curia di Napoli da parte dell’escort Francesco Mangiacapra. Fatti da verificare non solo sotto il profilo penale, per eventuali abusi commessi nell’esercizio della  funzione sacerdotale, ma in ogni caso non coerenti con una vocazione pubblica professata, al di là del richiamo di cronaca nera e di un certo folclore locale. Si potrebbe dire che anche i comportamenti riprovevoli di sacerdoti e religiosi mettono in evidenza pubblicamente la fragilità e incoerenza, se non ipocrisia, di ecclesiastici in quanto persone umane appartenenti all’ordine sacerdotale, in considerazione della “humana conditio”. 

In presenza di pochissimi casi all’onore delle cronache, è certo messa in questione nell’immagine “l’innocenza” del corpo sacerdotale italiano, pur riconoscendo con i fedeli peccati ed omissioni nel momento penitenziale di ogni celebrazione eucaristica. Il clima poco chiaro se non torbido delle vicende del sacerdote di Casal Pesenna, che comprende la stessa famiglia dell’adolescente (soggetta ad invocazioni e forme di esorcismi nella sua innocenza), gruppi di fedeli del “Tempio” e la più ampia comunità ecclesiale e civile locale, solleva interrogativi che richiedono qualche chiarificazione di tipo analitico. 

Stiamo parlando di un ambiente subculturale di arretratezza dove si formano  enclave di famiglie che vivono una precarietà di vita e deprivazione culturale, la quale si riversa nell’ambito religioso alla ricerca di rassicurazioni e speranze per vivere. Persone che diventano facili prede di chi è capace di manovrare parole e sentimenti e a coinvolgerle in celebrazioni e riti, di legarle a sé in gruppi esclusivi, dove possono aver luogo abusi non solo sessuali, ricondotti secondo papa Francesco ad una mentalità legata al potere, cioè abusi di autorità prevaricante sulle persone.

In queste vicende che coinvolgono a vario titolo singoli o gruppi di sacerdoti, a nostro avviso risulta la “centralità” della figura e del ruolo del presbitero cattolico nella comunità cristiana, che configura un’asimmetria di conoscenza e potere religioso, non disconosciuta per tradizione dagli stessi fedeli, e configura un clericalismo di ritorno in una sorta di “complicità” in alto ed in basso, nel contesto di una religiosità istituzionale spesso prevalentemente cultuale, devozionale, ed in alcuni casi miracolistica, di attesa della grazia, della guarigione, della liberazione dai mali e da una condizione di vita precaria e subordinata, con poche risorse materiali e culturali per affrontare le alee della vita. 

Di fronte all’identificazione della Chiesa con vescovi e sacerdoti, Papa Francesco nel suo viaggio in Cile in una conversazione con gesuiti locali asseriva che "Il danno più grave che può subire oggi la Chiesa in America Latina è il clericalismo, cioè il non rendersi conto che la Chiesa è tutto il santo popolo fedele di Dio, che è infallibile in credendo, tutti insieme". Da questo punto di vista sembra che il ricco ed innovativo insegnamento del Concilio Vaticano II a distanza di più di cinquant’anni e quello attuale di papa Francesco di riforma ed evangelizzazione della Chiesa, in alcuni luoghi non abbia lambito, modificato e modellato comportamenti religiosi locali, troppo impregnati dal peso di tradizioni e mentalità consolidate specie nelle generazioni anziane, oltre che per  ignoranza religiosa. 

Di fronte all’atteggiamento della famiglia della tredicenne di attaccamento fiducioso e testardo ai metodi del loro prete, alla cecità di fans di una sorta di gruppo settario intorno a lui, e forse di strati della popolazione locale che vivevano dello stesso brodo di cultura (religiosa), si può intravedere una sorta di grumo subculturale di arretratezza, ignoranza culturale e religiosa, potere religioso esercitato sulle persone, degradazione di famiglie e nuclei familiari, inefficacia di agenzie educative, attese miracolistiche. Tutto ciò si manifesta nei comportamenti e nei modelli di religiosità e comunità religiose presenti sul territorio, e non può lasciare indifferenti le pubbliche istituzioni e la stessa società civile circostante.

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